UNIVERSITÀ IN PRESENZA

SUL RITORNO ALLE LEZIONI
IN PRESENZA IN UNIVERSITÀ

Il ministro Manfredi ha dichiarato che dal mese prossimo si tornerà a svolgere lezioni in presenza in università con la formula del 50% in aula e 50% a distanza. Una formula che è già stata fugacemente impiegata in accademia nello scorso autunno.

Come noto, per la scuola la ministra dell'Istruzione Azzolina ha imposto a milioni di persone un ritorno alle lezioni in presenza basato sull'assenza di un sistema di test e tracciamento, sulla scarsa o mancata rimodulazione di spazi e ambienti, sulla consolidata penuria di personale. In compenso, sono stati imposti a docenti e personale protocolli presentati come salvifici, ma mai validati né sperimenati. Inoltre, sul piano didattico, non è stato proposto alcun ripensamento pedagogico della relazione educativa che avrebbe consentito di rendere educativamente sostenibile sia la distanza forzata sia la nuova, atipica, presenza.
Il mondo della scuola si è adeguato. Qualche dirigente e qualche docente ha borbottato, mentre qualche utile idiota ha persino manifestato entusiasmo, scambiando in perfetta buona fede la riapertura di un parcheggio con l'assegnazione di un'inesistente "priorità alla scuola".


Bene, quarantacinquemila morti dopo, sembra scoccata l'ora dell'università.
L'accademia di adeguerà come la scuola?
Staremo a vedere.

Spero solo che le decisioni sulle modalità del rientro in presenza siano improntate a ragionamenti su questi due interrogativi.
1) Sul piano della salute, quali evidenze empiriche portano a ritenere che infilare in un'aula la metà della gente che la frequentava un anno fa rappresenti un deterrente per la circolazione del virus? Il precedente autunnale – scolastico e universitario – non sembra molto promettente: non sono stati mai forniti dati affidabili sufficienti a farci considerare spuria la correlazione tra avvio delle attività in presenza e impennata di contagi e decessi.
2) Sul piano didattico, quali evidenze empiriche portano a rietenere utile fare lezione contemporaneamente per chi è in aula e per chi è a distanza? Non si rischia di trasformare il distanziamento fisico a distanza in distanziamento sociale in presenza? Quale tesoro è stato tratto dall'esperienza dell'autunno scorso, quando spesso dopo poche lezioni le studentesse e gli studenti piuttosto che assistere di persona a lezioni distanziate hanno preferito restarsene a casa?

Come scrivevo tempo fa: 
L’idea che un modello autoritario e meramente contenutistico di relazione educativa sia favorito o rafforzato dal ricorso al digitale è non solo inaccurata ma profondamente deresponsabilizzante. D’altro canto, ciascun docente è responsabile delle proprie scelte e – coi loro limiti – gli spazi e i tempi per sollecitare il dialogo e la partecipazione attiva sono offerti sia dalla presenza sia dalla distanza. Il problema, semmai, è che per agire e far agire questi spazi e questi tempi è necessario mettere autenticamente in discussione un modello autoritario di educazione. Ma per fare questo è fondamentale evitare di idealizzare la presenza e demonizzare la distanza, o viceversa. In questi mesi, d’altro canto, abbiamo assistito all’emergere di una scivolosa retorica della presenza incentrata sulla naturalizzazione di determinati formati educativi. Si è cioè provato a opporre alla distanza “la vera università” descrivendola come contesto che naturalmente accoglie e include chi apprende e chi insegna, arrivando a così a rimuovere dal discorso dinamiche molto pericolose – abiliste e classiste – che pure caratterizzavano l’università pre-Covid.
La scelta di riprendere in video le lezioni in presenza per garantirne la diretta rischia seriamente di compromettere sia l’efficacia della presenza sia quella della distanza (come far agire e interagire contemporaneamente i due gruppi di studentesse e studenti?). Un pasticcio che avremmo potuto evitare attraverso una scelta più laica e ragionata, come quella di fare tesoro di quanto realizzato in questi mesi per proporre, nell’immediato futuro, attività a distanza e in presenza interconnesse tra loro in maniera più funzionale.


Speriamo bene.
CC
23/01/2021